Nefroureterectomia

Nefroureteretomia
(open, laparoscopica, robotica)

L’intervento comporta la asportazione completa del rene e delle sue tuniche di rivestimento (in casi specifici è contemplata la asportazione en bloc di rene e ghiandola surrenale che si trova al di sopra del rene stesso) e di tutto l’uretere fino alla vescica, comprendendo in casi selezionati anche una porzione della vescica stessa (la cosiddetta “pastiglia”) immediatamente circostante l’inserzione dell’uretere in vescica.

Indicazioni

L’efficacia è di questa metodica dipende sostanzialmente dallo stadio e grado della neoplasia: per lesioni localizzate la chirurgia da sola consente un elevato tasso di guarigione con risultati mantenuti anche a distanza. Quanto maggiore è lo stadio, tanto più alta sarà la necessità di ricorrere a trattamenti aggiuntivi, pertanto la diagnosi precoce è particolarmente importante. 

Tecnica chirurgica

L’intervento viene eseguito in anestesia generale e può essere effettuato con la tecnica classica (open), che prevede un’incisione sul fianco (con eventuale asportazione di parte della XI^ costa) o un’incisione mediana dallo sterno al pube oppure sottocostale. L’asportazione dell’ultimo tratto dell’uretere viene ottenuto di solito mediante una seconda incisione longitudinale mediana al di sotto dell’ombelico, o in rari casi in pazienti con particolari caratteristiche anatomiche mediante un prolungamento verso il basso e medialmente dell’incisione lombare. Con la tecnica laparoscopica e con quella robotica vengono applicate diverse cannule attraverso tramiti che seguono più o meno il decorso dei tagli precedentemente descritti. 

Tale tecnica è resa possibile da una telecamera, che proietta l’immagine del campo operatorio su un monitor, e da particolari strumenti, lunghi e sottili, che passano all’interno delle cannule, del diametro di 5 e 10 mm. L’addome viene opportunamente disteso con anidride carbonica. Di solito il primo tempo è costituito dalla creazione della pastiglia per via endoscopica transureterale, sia che si opti per la via tradizionale che per quella videolaparoscopica: l’uretere viene disinserito dalla sua sede con un margine di circa 1 cm mediante una incisione con elettrobisturi endoscopico. Nei casi in cui la porzione terminale dell’uretere non possa essere asportata endoscopicamente, questa fase viene effettuata a cielo aperto o in laparoscopia. Il rene viene asportato insieme al grasso che lo circonda; di norma il surrene viene risparmiato; l’uretere viene mobilizzato e sfilato assieme al rene. Nella tecnica laparoscopica il rene con annesso tutto l’uretere verrà estratto intatto in un sacchetto, attraverso una piccola incisione della parete addominale. 

Possibili complicanze

L’invasività della procedura è legata prevalentemente al tipo di accesso, in quanto la parete addominale necessita di un maggiore tempo di guarigione rispetto ai visceri. In particolare la convalescenza necessaria è determinata soprattutto dalla guarigione dello strato muscolare. Ciò significa che dopo una procedura standard a cielo aperto sarà necessario un periodo di recupero di circa un mese, mentre per la procedura video-laparoassistita sarà sufficiente un periodo inferiore (10-15 giorni). Ovviamente nel caso di accesso open resterà permanentemente la cicatrice sottocostale, non facilmente dissimulabile, mentre gli accessi videolaparoscopici, trattandosi di incisioni multiple ma di lunghezza fino a 1 cm, con il tempo non si vedranno quasi.

La perdita di un rene non comporta in genere complicanze all’organismo, la poò comportare nel tempo un maggiore rischio di evoluzione verso una qualche forma di insufficienza renale che richiede una attenta sorveglianza.

Trattandosi inoltre di un intervento effettuato per una problematica tumorale, la vigilanza riguardo le recidive locali o a distanza è assolutamente necessaria per lunghi periodi.

Le complicanze tipiche di questo intervento sono poco frequenti e sono rappresentate da: febbre, emorragia intra- e post-operatoria (raramente può comparire un sanguinamento post-operatorio tale da richiedere un nuovo intervento), lesioni vascolari, lesioni intestinali, lesione del fegato o della milza (in taluni casi può essere richiesta la asportazione della milza stessa, la splenectomia, o l’effettuazione di manovre di radiologia interventistica volte a interrompere il sanguinamento del viscere, la embolizzazione delle arterie spleniche), focolai broncopneumonici, versamento pleurico, infezioni, linforrea, linfoceli, con necessità di terapie farmacologiche antibiotiche e antisecretive prolungate, o mantenimento in sede dei drenaggi per periodi più lunghi, ritardo di guarigione della ferita, ernia di parete dovute raramente al cedimento della sutura e più frequentemente alla denervazione accidentale dei muscoli larghi del dorso e del fianco in sede di incisione (e per questo più frequenti con la tecnica open: lombocele e/o laparocele; ma non è impossibile anche l’impegno di anse negli accessi laparoscopici, soprattutto quello ombelicale), parestesie (dovute alla lesione dei nervi costali soprattutto, sempre in sede di accessi chirurgici), diminuzione della funzionalità renale in caso di rene unico o di neoformazioni voluminose, fistola vescicale in sede di pastiglia a seguito di insufficiente drenaggio da parte del catetere nel postoperatorio, trombosi venose profonde (per prevenire queste ultime complicanze si eseguono delle punture di eparine, si utilizzano calze elastiche e il paziente è invitato a mobilizzarsi precocemente), tromboembolia polmonare. In caso di intervento laparoscopico è possibile che per motivi anestesiologici o per difficoltà tecniche sia necessaria una conversione a “cielo aperto”.

 

Per doverosa informazione, si ricorda che la visita medica rappresenta il solo strumento diagnostico per un efficace trattamento terapeutico. I consigli forniti in questo sito devono essere intesi semplicemente come suggerimenti di comportamento.