Sostituzione dell’uretere

Sostituzione ureterale

Si tratta di un intervento chirurgico a cui si ricorre nei casi di danni estesi dell’uretere per stenosi lunghe o grossi difetti di altra natura (traumatica, chirurgica, infiammatoria, TBC, malattia litiasica, neoplasie in monorene, deconversione urinaria, ecc). Attualmente si tratta di una tecnica con indicazione “estrema”, da praticare quando tutte le possibili soluzioni endourologiche siano fallite o non più tollerabili (stent doppio J a permanenza, nefrostomia definitiva).

Indicazioni

Tecnica e decorso postoperatorio

Si esegue un accesso addominale mediano transperitoneale che consente una visualizzazione completa del tratto ureterale da sostituire e permette di isolare il segmento intestinale che prenderà il posto dell’uretere. Di solito viene scelto l’ileo terminale che viene separato dal resto dell’intestino (mantenendo però integra la sua vascolarizzazione) e collegato in alto all’uretere integro o direttamente alla via urinaria renale (pelvi renale) e in basso, alla vescica. Ovviamente l’intervento prevede la ricostruzione della continuità intestinale. Di solito, viene lasciato un catetere internamente all’intestino utilizzato per ricostruire l’uretere (stent doppio J) o una sonda nefrostomica fuoriuscente dalla cute del fianco. Vengono sistemati 2 drenaggi in corrispondenza delle anastomosi (punti di collegamento tra pelvi renale o uretere e intestino e tra intestino e vescica) e un drenaggio nella cavità peritoneale. È necessario inoltre posizionare un catetere vescicale che verrà tenuto a dimora per 2 settimane o più. L’Intervento di norma prevede un lungo tempo operatorio (3-6 ore) in relazione alle condizioni locali molto spesso complesse (aderenze tra organi per chirurgia precedente o infiammazioni croniche pregresse). Viene eseguito sempre in anestesia generale e in regime di ricovero ordinario; il ricovero dura dalle 2 alle 3 settimane se non ci sono complicazioni.

I risultati riportati in letteratura sono buoni nel 90% dei casi. Per risultato obiettivo buono si intende un  recupero della funzione renale e l’assenza di complicanze maggiori. Di solito questi risultati vengono mantenuti nel tempo. Il vantaggio maggiore è quello di una metodica di salvataggio che può essere eseguita con un buon margine di sicurezza quando sia stata eseguita un’accurata selezione dei pazienti e quando sia stata posta un’attenzione particolare ai dettagli chirurgici. Rispetto alle tecniche endoscopiche assicura risultati di maggiore durata nel tempo. È tuttavia un intervento di chirurgia ricostruttiva maggiore che coinvolge due apparati (gastroenterico e urinario), che può essere tecnicamente complesso, non attuabile in tutti i pazienti, di lunga durata operatoria e con un lungo decorso post-operatorio e conseguente lento rientro alle attività lavorative e potenzialmente interessato da complicanze temibili anche per la vita.

Possibili complicanze

Tra gli effetti collaterali a lungo termine, l’eliminazione con le urine di muco intestinale può durare anche qualche anno. La presenza di una batteriuria cronica è molto frequente (circa il 40%) ma non provoca nessun danno. I disturbi idroelettrolitici sono molto rari se i pazienti hanno una buona funzione renale ed epatica.

Le complicanze possono essere molte e riguardare i due distretti interessati nell’intervento: intestino e vie urinarie. Tutte le complicanze dell’uso di segmenti intestinali nella chirurgia urologica:

1) occlusione intestinale post-operatoria da briglie aderenziali che si creano nel peritoneo per effetto dell’escissione di un tratto di intestino;

2) mancata guarigione dell’anastomosi enterica (oggi molto rara) con conseguente passaggio di materiale intestinale nella cavità addominale (generalmente richiede il reintervento);

3) necrosi di un tratto ileale e conseguente distacco dell’anastomosi tra rene e intestino o tra escica e intestino (generalmente richiede il reintervento);

4) ostruzione del tratto intestinale di sostituzione per tappi di muco (soprattutto nelle fasi precoci) o per occlusione cicatriziale delle anastomosi;

5) possibilità di un danno renale progressivo da acidosi per riassorbimento di urine (Tanagho);

6) possibile reflusso vescico-renale anche nel caso in cui siano state applicate tecniche anti-reflusso;

7) infezione urinaria asintomatica in percentuale variabile dal 40 al 60%;

8) diarrea.

Per doverosa informazione, si ricorda che la visita medica rappresenta il solo strumento diagnostico per un efficace trattamento terapeutico. I consigli forniti in questo sito devono essere intesi semplicemente come suggerimenti di comportamento.